Mazzarri, che feeling con Osimhen!

Basta guardare la postura di Walter Mazzarri, per capire che le sue squadre in campo sono dinamismo puro. Il tecnico toscano non riesce mai a star fermo, non solo in panchina, e il suo è uno spingere mentalmente ma anche fisicamente la squadra.

Ecco perché non ha paura di prendere le squadre in corsa e di lavorare sodo per alzarne il rendimento. Non gli è andata bene l’ultima volta a Cagliari, dove è subentrato nel 2021 in una situazione am- bientale decisamente complicata, con giocatori “epurati” e spogliatoio ingestibile. Certo, direte, se uno arriva in corsa è perché le cose non vanno bene.

Ma provate a chiedere ai tifosi del Torino e soprattutto del Napoli se non ricordano i crescendo rossiniani delle loro squadre col livornese alla guida. Intanto, per creare i presupposti di una buona ripartenza, ieri ha cominciato a costruire il feeling con Victor Osimhen, ancora infortunato, ma che ieri ripresosi dall’influenza è rimasto accanto al suo nuovo allenatore.

Con i granata

Al Toro arrivò nel gennaio del 2018 e nel girone di ritorno la squadra partì bene con tre vittorie e due pari che ridiedero fiducia all’ambiente, ponendo le basi per l’ottima annata successiva, che portò i granata in Europa. Ma riavvolgendo il nastro, il capolavoro in corsa Mazzarri lo fece proprio a Napoli nell’ottobre del 2009 per sostituire Roberto Donadoni.

Ecco, probabilmente nei ragionamenti fatti dal presidente Aurelio De Laurentiis quel fattore ha influito nella scelta. Nel senso che allora il toscano riuscì davvero in poco tempo a cambiare il rendimento della squadra, ponendo le basi di un gruppo che ebbe una crescita esponenziali in quegli anni. Il primo salto di qualità del club per entrare stabilmente nelle coppe europee.

Che sequenza

Quel Napoli era una buona squadra, ma non aveva sicuramente la qualità di quella attuale. Colpirono non solo i risultati che arrivarono subito, ma soprattutto il modo in cui questi maturarono.

Infatti all’epoca gli azzurri ottennero tre successi e un pari nelle prime quattro partite, cambiando decisamente a proccio e modo di stare in campo. Non solo una questione di sistema di gioco, ma di organizzazione e mentalità. Così arrivarono le vittorie al San Paolo contro il Bologna e al Franchi con la Fiorentina.

Ma sono soprattutto le due successive gare quelle che entusiasmarono l’ambiente.

Infatti mercoledì 28 ottobre a Fuorigrotta arrivò il Milan di Pippo Inzaghi e Pato, che dopo soli sei minuti fissarono un 2-0 micidiale. Il Napoli non mollò e in un incredibile finale segnò nei minuti di recupero con Cigarini e Denis mandando in delirio i 55mila sugli spalti.

Tre giorni dopo a Torino con la Juventus di Trezeguet gli azzurri andorono sotto ancora di due gol, ma dopo un’ora di gioco ecco la formidabile reazione: un gol di Datolo, e una doppietta di Hamsik fecero nascere il nuovo Napoli europeo. Già perché alla fine di quel campionato con un sesto posto, gli azzurri ottennero un pass in Europa, il primo di una serie ancora aperta.

Prima la testa

Non è che ora i bei ricordi siano replicabili in automatico o la nostalgia porti da qualche parte. Ma c’è un metodo Mazzarri che va oltre un discorso tecnico-tattico e passa soprattutto per la mente e il cuore di un gruppo di giocatori. Quelle prime quattro gare incutevano dubbi e paure, come le attuali da affrontare: Atalanta, Real, Inter e Juventus. Una ogni tre giorni, senza respiro.

E allora serve l’organizzazione di gioco, ma soprattutto una grande forza mentale che abbatta ogni paura. E questo Napoli ce la può fare, se quello c’è riuscito pure con Datolo.

Fonte: La Gazzetta dello Sport

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